La certificazione delle competenze

Unknown.jpeg

Nei Paesi di tutta Europa e nel mondo si avverte da anni la necessità di valorizzare la gamma completa degli apprendimenti delle persone, conoscenze, abilità e competenze, non solo quelli acquisiti presso scuole, università o altro, ma anche quelli maturati sul lavoro e nella vita quotidiana. Riconoscere e valorizzare tutte le competenze è pertanto una priorità dell'azione dell'UE nel campo dell'istruzione e della formazione. Questo spazio offre ad amministratori e operatori italiani un luogo di incontro e trasferimento di informazioni su questo tema, ma anche risorse per progettare e realizzare pratiche coerenti con la cornice europea e nazionale.

Nel nostro paese il tema è da tempo dibattuto e oggetto di numerose pratiche e sperimentazioni come testimonia il lavoro dell’Isfol (Istituto per lo Sviluppo della Formazione professionale dei lavoratori) che ha sviluppato una riflessione scientifica e metodologica sul tema; l’istituto supporta attivamente gli enti istituzionali (Ministero del Lavoro e Regioni) attraverso la stesura di documenti tecnici; promuove e coordina attività di sperimentazione con soggetti pubblici e privati; favorisce la diffusione di informazioni in merito alle pratiche di validazione e all’utilizzo di strumenti dedicati; effettua rilevazioni e analisi delle pratiche adottate a livello nazionale e locale.

Da un punto di vista istituzionale le recenti novità legislative (Legge di Riforma del Mercato del  Lavoro L.92/12 e il Decreto sul Sistema Nazionale di Certificazione delle competenze d.lgs n. 13 del 16/01/13) iniziano a delineare un quadro in cui potranno essere finalmente inserite le numerose esperienze condotte a livello nazionale attraverso la  definizione di norme comuni e standard di riferimento. 

Isfol fornisce consulenza istituzionale e supporta da un punto di vista tecnico il percorso di sperimentazione e adozione del Libretto formativo del cittadino avviatosi a partire dal 2005. Il Libretto è uno strumento pensato per raccogliere e documentare le esperienze di apprendimento dei cittadini e le competenze acquisite in contesti formali, non formali e informali. Tra il 2007 e il 2010 la sperimentazione ha interessato 13 regioni e province autonome con modalità differenziate nei diversi contesti regionali; i risultati sono stati incoraggianti fornendo una metodologia di erogazione e alcuni standard di servizio per l’utilizzo dello strumento. Dal 2011 il Libretto è stato utilizzato a regime in alcune Regioni per target specifici quali i disoccupati economicamente sostenuti e i lavoratori stranieri. È in atto una ricognizione promossa dall’Isfol a livello nazionale sulle pratiche di adozione del Libretto, i cui risultati saranno a breve disponibili on line.

A livello europeo, invece, il 20 dicembre 2012 è stata pubblicata la “Raccomandazione del Consiglio dell’Unione Europea sulla validazione dell’apprendimento non formale e informale” con la quale gli Stati membri sono sollecitati a istituire sistemi nazionali al fine di favorire la progressiva convergenza di approcci e metodologie sul tema della validazione dell’apprendimento non formale e informale. A partire dal 2005 la Commissione Europea e il CEDEFOP hanno prodotto ogni due anni l’European Inventory on Validation of non-formal and informal learning, un’indagine che raccoglie, illustra e mette in condivisione i sistemi normativi e gli approcci alla validazione in uso nei diversi paesi europei. È stato appena pubblicato l’aggiornamento 2015-2016 dell’Inventory che contiene 33 casi paese e 4 report tematici e amplia l’indagine anche alla Turchia e alla Svizzera.

La “Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio” sulla costituzione del “Quadro europeo delle qualifiche per l’apprendimento permanente (EQF)” costituisce finora il passaggio più rilevante di questa scelta. L’EQF è costituito da otto livelli di riferimento, definiti in base ai risultati dell’apprendimento, sul versante delle conoscenze, delle abilità e delle competenze che la persona deve aver acquisito alla fine di un percorso sia nei sistemi formativi formali (scuola, università, formazione professionale ecc.) sia nei sistemi non formali (ad es. in corsi che non rilasciano un titolo formale) o informali (ad es. nelle attività della vita quotidiana legate alle esperienze di lavoro o al tempo libero). Le conoscenze sono il risultato dell’assimilazione di informazioni acquisite attraverso l’apprendimento; le abilità indicano la capacità di utilizzare e applicare conoscenze per portare a termine dei compiti e risolvere dei problemi. La competenza viene intesa come la “comprovata capacità di utilizzare conoscenze, abilità e capacità personali, sociali e/o metodologiche, in situazioni di lavoro o di studio e nello sviluppo professionale e personale”. In base alla Raccomandazione ciascuna competenza acquisita sarà riferita, tenendo conto della sua valenza in termini di responsabilità e di autonomia, a uno degli otto livelli dell’EQF. Questa scelta può costituire un’importante opportunità per i lavoratori e per un sindacato lungimirante. Prima di tutto perché sancisce, per tutti gli Stati dell’Unione Europea, il valore forte del lavoro e delle competenze acquisite nel lavoro, con pari dignità rispetto a quelle acquisite a scuola o nella formazione professionale o all’università. Inoltre perché consentirebbe a un lavoratore che voglia o sia costretto a cercare lavoro in un altro paese di non disperdere il riconoscimento di quello che sa e sa fare, attraverso modalità condivise da tutti i paesi. Infine perché favorirebbe per le categorie sindacali, nell’ambito della contrattazione, forme di revisione delle modalità di descrizione delle declaratorie professionali e della struttura degli inquadramenti contrattuali che tengano conto non solo dell’anzianità ma anche dei livelli di conoscenza acquisiti dentro e fuori dall’ambiente di lavoro, consentendo di rendere in modo esplicito il sapere come un mezzo fondamentale per sviluppare le carriere e incrementare il salario.

La validazione di competenze acquisite in contesti di apprendimento diversi da quello formale è dunque un tema di rilevanza centrale a livello politico, economico e sociale, oltre che educativo. La validazione infatti potrebbe essere finalizzata al riconoscimento di crediti formativi o all’acquisizione di un titolo o di una qualifica. Oppure potrebbe essere orientata a supportare progetti di placement o di re-inserimento professionale o ancora a facilitare percorsi individuali di auto-sviluppo professionale e di re-inserimento lavorativo. Di fatto, questo processo può essere gestito da una molteplicità di attori: organismi istituzionali (per es. amministrazioni regionali e provinciali) e dell’education (scuole, agenzie formative, università) ma anche imprese, centri per l’Impiego o agenzie private che si occupano di matching tra domanda e offerta di lavoro, e ancora imprese del no profit e del terzo settore, associazioni di volontariato e organizzazioni non governative. In alcuni casi, chi gestisce e chi convalida sono la stessa entità, in altri casi sono attori differenti (per es. il gestore del processo può essere un’agenzia formativa ma chi valida è una commissione di esperti nominati da un’amministrazione regionale). In tutti i casi, per poter gestire al meglio il dispositivo di validazione (sia in qualità di gestori o di validatori), tali attori devono essere fortemente integrati e condividere le stesse procedure e regole di funzionamento. 

Questi sono i temi che ci hanno spinto a organizzare per il 27 settembre 2019 una giornata di riflessioni a più voci, dal titolo “SKILL FOR BUSINESS, SKILL FOR LIFE”: PER UNA ECOLOGIA DELLA COMPETENZA.