project management reggio emilia

Quality for Italy

QUALITY FOR ITALY - ITALY FOR QUALITY
BluPeak ospite di Blulink per la 14a edizione

"Organisations should care about quality to survive and thrive." (CQI)

Nell'ambito della Word Quality Week 2023, anche quest’anno Blulink srl propone l’evento Quality for Italy – Italy for Quality, giunto alla sua 14a edizione e col titolo:

Quality: realising your competitive potential

Staremo insieme la mattinata di giovedì 9 novembre a Reggio Emilia, presso il Matilde Golf Club, a partire dalle ore 9:30, con l'obiettivo di confrontarci sul ruolo che la Qualità può, vuole e deve darsi per il futuro.

Partner di Blulink, BluPeak Consulting è stata invitata a portare il suo contributo.

Stefano Setti, CEO & Founder di BluPeak, e Andrea Calisti, Business Transformation Expert del Team BluPeak, terranno un intervento dal titolo:

Trasformarsi per competere efficacemente

«La Qualità rimane il fattore trainante e l’elemento chiave per il successo e la competitività delle aziende e consente di distinguersi sul mercato, conquistare la fiducia dei clienti e ottenere vantaggi competitivi duraturi», come dichiarano gli organizzatori. «Attraverso l’adozione di processi efficienti e l’orientamento verso l’eccellenza, le aziende possono migliorare la soddisfazione del cliente, ridurre i costi, aumentare l’efficienza operativa e ampliare la propria quota di mercato.

Inoltre, una cultura di qualità proattiva favorisce un ambiente in cui l’innovazione, l’attenzione ai dettagli e la ricerca della perfezione diventano la norma. Attraverso questa cultura, le aziende possono adattarsi rapidamente ai cambiamenti del mercato, anticipare le esigenze dei clienti e mantenere un vantaggio competitivo significativo.»

Non perdiamo quest'opportunità così interessante!

L’evento è gratuito fino a esaurimento posti, ma è necessaria l’iscrizione tramite il link qui sopra.

BLUPEAK - IL BUSINESS È CULTURA

 

PMP®-PREP 2023 - Autumn Edition

PMP®-PREP 2023 Autumn Edition
BluPeak Project Academy

Percorso di accompagnamento
alla preparazione per l’esame della credenziale
PMP® (Project Management Professional)
del Project Management Institute

Un percorso completo di accompagnamento all’esame per il conseguimento della credenziale PMP® del Project Management Institute, con lezioni ed esercitazioni, che fanno riferimento allo standard PMBOK Guide® – Project Management Body of Knowledge, al PMP® Examination Content Outline for January 2021 Exam Update. Il percorso prevede, oltre alle lezioni e alle esercitazioni, un efficace tutoraggio per stimolare lo studio, sciogliere dubbi e risolvere aspetti pratici.


A CHI È DESTINATO?

Il percorso PMP® è destinato a diplomati o laureati con forte interesse al project management e con ampia e comprovata esperienza professionale (60 mesi di gestione di progetto negli ultimi 8 anni se diplomati, 36 mesi di gestione di progetto negli ultimi 8 anni se in possesso di laurea almeno quadriennale).

COME SI SVOLGE IL PERCORSO

Con un gruppo limitato di partecipanti per 40 ore complessive di lezione e ulteriori 10 ore di approfondimenti ed esercitazioni.

Il corso si tiene in italiano con l’uso dell’inglese per la terminologia specifica e per le esercitazioni; per lo svolgimento dell’esame è fortemente suggerita la lingua inglese.

Viene fornito ai corsisti il supporto per la compilazione dell’application online per richiedere al PMI l’accesso all’esame.


Contenuti del percorso

Il programma contestualizza il metodo e lo approfondisce secondo:

✔il codice etico; il framework; i ruoli e le responsabilità;

✔i tre domini: People, Processes, Business Environment;

✔l’approccio tradizionale, l’approccio agile e quello ibrido;

✔i cinque gruppi di processi: Initiating, Planning, Executing, Monitoring&Controlling, Closing;

✔le dieci aree di conoscenza: Integration, Scope, Schedule, Cost, Quality, Resource, Communications, Risk, Procurement, Stakeholder.

 

ISCRIZIONI

Le iscrizioni sono aperte fino a sabato 30 settembre 2023, inviando una mail a info@blupeak.it indicando nome, cognome, azienda, formula prescelta, recapito mail e telefono. Sarete ricontattati.


QUANDO?

Corso PMP®-Prep - 2023 Autumn Edition

  • martedì 10/10 dalle 14 alle 19

  • lunedì 16/10 dalle 14 alle 19

  • lunedì 23/10 dalle 14 alle 19

  • martedì 31/10   dalle 14 alle 19

  • lunedì 6/11 dalle 14 alle 19

  • lunedì 13/11 dalle 14 alle 19

  • lunedì 20/11 dalle 14 alle 19

  • lunedì 27/11   dalle 14 alle 19

  • venerdì 1/12  dalle 14 alle 16

  • lunedì 4/12   dalle 14 alle 16

  • mercoledì 6/12  dalle 14 alle 16

  • lunedì 11/12   dalle 14 alle 16

  • mercoledì 13/12  dalle 14 alle 16

Le sessioni si terranno tutte su piattaforma online; la prima parte si articola in sessioni da 5 ore in cui vengono trattati i temi teorici in una modalità fortemente interattiva, anche con domande d’esame, mentre le sessioni da 2 ore saranno dedicate a esercitazioni e simulazioni d’esame.

COSTI

Quota di partecipazione individuale:  € 2.290,00 + IVA

Quota per il 2° partecipante stessa azienda:  € 2.060,00 + IVA

Quota per 3° e successivi partecipanti stessa azienda:  € 1.980,00 + IVA


Early bird € 1.980,00 + IVA: per iscrizioni entro il 31/08/2023


Stefano Setti – PMP®, PMI-PBA®, PMI-RMP®

Dalia Vodice – PMP®, PMI-ACP®

Silvia Martellos – PMP®


INFO

Per ulteriori info contattare info@blupeak.it oppure il numero +39 389 66 07 467

Modifiche alle misure di sicurezza dell'esame PMP® annunciate dal PMI


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BluPeak Project Academy

PMP®-PREP 2023 – BluPeak Project Academy

Percorso di accompagnamento
alla preparazione per l’esame della credenziale
PMP® (Project Management Professional)
del Project Management Institute

Un percorso completo di accompagnamento all’esame per il conseguimento della credenziale PMP® del Project Management Institute, con lezioni ed esercitazioni, che fanno riferimento allo standard PMBoK – Project Management Body of Knowledge, al PMP® Examination Content Outline for January 2021 Exam Update. Il percorso prevede, oltre alle lezioni e alle esercitazioni, un efficace tutoraggio per stimolare lo studio, sciogliere dubbi e risolvere aspetti pratici.


A CHI È DESTINATO?

Il percorso PMP® è destinato a diplomati o laureati con forte interesse al project management e con ampia e comprovata esperienza professionale (60 mesi di gestione di progetto negli ultimi 8 anni se diplomati, 36 mesi di gestione di progetto negli ultimi 8 anni se in possesso di laurea almeno quadriennale).

COME SI SVOLGE IL PERCORSO

Con un gruppo limitato di partecipanti per 40 ore complessive di lezione e ulteriori 10 ore di approfondimenti ed esercitazioni.

Il corso si tiene in italiano con l’uso dell’inglese per la terminologia specifica e per le esercitazioni; per lo svolgimento dell’esame è fortemente suggerita la lingua inglese.

Viene fornito ai corsisti il supporto per la compilazione dell’application online per richiedere al PMI l’accesso all’esame.


Contenuti del percorso

Il programma contestualizza il metodo e lo approfondisce secondo:

✔il codice etico; il framework; i ruoli e le responsabilità;

✔i tre domini: People, Processes, Business Environment;

✔l’approccio tradizionale, l’approccio agile e quello ibrido;

✔i cinque gruppi di processi: Initiating, Planning, Executing, Monitoring&Controlling, Closing;

✔le dieci aree di conoscenza: Integration, Scope, Schedule, Cost, Quality, Resource, Communications, Risk, Procurement, Stakeholder.

 

ISCRIZIONI

Le iscrizioni sono aperte fino al 10 gennaio, inviando una mail a info@blupeak.it indicando nome, cognome, azienda, formula prescelta, recapito mail e telefono: sarete ricontattati.


QUANDO?

Corso PMP-Prep - 2023 Q1 edition

  • martedì 17/1 dalle 14 alle 19

  • martedì 24/1 dalle 14 alle 19

  • martedì 31/1 dalle 14 alle 19

  • martedì 7/2   dalle 14 alle 19

  • martedì 14/2 dalle 14 alle 19

  • martedì 21/2 dalle 14 alle 19

  • martedì 28/2 dalle 14 alle 19

  • martedì 7/3   dalle 14 alle 19

  • martedì 14/3  dalle 17 alle 19

  • giovedì 16/3   dalle 17 alle 19

  • martedì 21/3  dalle 17 alle 19

  • giovedì 23/3   dalle 17 alle 19

  • martedì 28/3  dalle 17 alle 19

Le sessioni si terranno tutte su piattaforma online; la prima parte si articola in sessioni da 5 ore in cui vengono trattati i temi teorici in una modalità fortemente interattiva, anche con domande d’esame, mentre le sessioni da 2 ore saranno dedicate a esercitazioni e simulazioni d’esame.

COSTI

Quota di partecipazione individuale:  € 1.990,00 + IVA

Quota per il 2° partecipante stessa azienda:  € 1.820,00 + IVA

Quota per 3° e successivi partecipanti stessa azienda:  € 1.680,00 + IVA



Stefano Setti – PMP®, PMI-PBA®, PMI-RMP®

Dalia Vodice – PMP®, PMI-ACP®

Silvia Martellos – PMP®


INFO

Per ulteriori info contattare info@blupeak.it oppure il numero +39 389 66 07 467


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Business Analysis

BUSINESS TRANSFORMATION JOURNEY
BUSINESS ANALYSIS 

Ogni desiderio di trasformazione richiede una motivazione, più o meno consapevole, che ci mette in movimento e che ci spinge a uscire dallo stato di cose attuale per porci in cammino verso un nuovo orizzonte di senso. Detta così pare semplice, eppure come mai si fa sempre tanta fatica ad attuare un reale cambiamento? Spesso la causa non risiede tanto nella mancata motivazione e nemmeno nell’assenza di consapevolezza nel volere il cambiamento, quanto nella capacità di tradurre in pratica, di “mettere a terra”, tutti i subbugli interiori per intraprendere un reale cammino di trasformazione. Di rendere concreto ciò che è presente solo in potenza. Si potrebbe addirittura dire che il vero scarto tra una trasformazione riuscita e una abortita risieda proprio in questa capacità di riuscire a dare una forma coerente – quindi ad attraversare un cambiamento di forma, appunto trans-formare – a ciò che in noi è soltanto un’aspirazione ideale. A riuscire a adattare al reale ciò che in noi è un mero proposito, a far diventare un progetto vero e proprio qualcosa che inizialmente è solo un moto d’opposizione rispetto a una situazione che ci sta stretta. Non è proprio questo, tra l’altro, uno dei compiti del project manager, ossia tradurre in realtà i sogni? Per compiere questa opera di traduzione però non basta essere ottimi project manager, ma servono anche altre competenze maggiormente legate all’arte di rendere attuale ciò che è soltanto presente nel mondo delle idee. Il project manager infatti ha la specifica competenza di “portare la nave in porto”, date le consegne iniziali e gli obiettivi preposti; diverso invece è il ruolo di chi deve trasportare sul piano operativo ciò che frulla nella testa altrui, spesso del nostro cliente. Tale arte, spesso accoppiata a quella del project management, ha un nome e tecniche ben precisi: si chiama Business Analysis.

Per prima cosa, prima di parlare di Business Analysis, occorre compiere un distinguo. La Business Analysis non è la Business Analytics. Quest’ultima, ormai ben più nominata e più conosciuta nel mondo dell’Industry 4.0 rispetto alla mera Business Analysis, si riferisce a «the skills, technologies, and practices for continuous iterative exploration and investigation of past business performance to gain insight and drive business planning. Business analytics focuses on developing new insights and understanding of business performance based on data and statistical methods»[1]. La Business Analytics è dunque importantissima e decisiva per analizzare al meglio dati per tradurli in informazioni utili per pianificare e strutturare progetti attraverso ciò che la tecnologia ci mette a disposizione e attraverso, appunto, gli analytics. Essa è decisiva anche per avere ulteriori spunti necessari per compiere un’analisi approfondita dei bisogni dei clienti a partire dalle loro richieste. La Business Analysis invece è una disciplina vecchia tanto quanto l’uomo perché è «a research discipline of identifying business needs and determining solutions to business problems. Solutions often include a software-systems development component, but may also consist of process improvements, organizational change or strategic planning and policy development. The person who carries out this task is called a business analyst or BA»[2]. Potremmo dire che la Business Analysis contiene in sé e si può servire all’occorrenza della Business Analytics, ma che le due non coincidono né si alternano. Sono piuttosto complementari nella buona riuscita di un’opera di investigazione del bisogno del cliente. La Business Analysis (da adesso BA) è proprio quell’arte trasversale che ha come scopo la traduzione in requisiti di progetto dei bisogni degli stakeholder, in primis dei clienti. Pensiamo allo sviluppo di un software. Il ruolo del BA in questo caso è di riuscire a tradurre in informazioni comprensibili al linguaggio del progetto e dei progettisti/programmatori ciò che anima l’intenzione del cliente, il quale può darsi sia totalmente estraneo al mindset informatico e che non mastichi minimamente l’idioma del mondo del software, ma che necessita tuttavia di un servizio di questo tipo per realizzare la propria aspirazione.

Business-Analysis.jpg

Capiamo bene perciò che il ruolo del BA è un ruolo decisivo e troppo spesso sottovalutato, posto a metà strada tra il commerciale, il quale ha il compito di dare un costo effettivo all’intervento a partire dalla richiesta del cliente, e il project manager, il quale è il titolare della buona riuscita della realizzazione del servizio, del bene o del prodotto. Il ruolo del BA è un ruolo di raccordo, di ascolto e di comunicazione, un ruolo che potremmo definire “maieutico”, ossia ha come fine quello di far emergere un senso concreto e realizzabile a partire da ciò che muove le intenzioni del cliente e allinearlo alle capacità proprie aziendali. Il compito del BA quindi non è affatto facile, stretto spesso tra le pressioni commerciali e le richieste progettuali, ma è l’ago della bilancia tra un lavoro ben riuscito e ben realizzato e uno invece totalmente disallineato rispetto alle reali esigenze del committente o della nostra organizzazione. Quante volte, infatti, ci è capitato di vedere fallire progetti, lavori, esperienze o implementazione di servizi soltanto perché ci sono state incomprensioni di fondo che, se non trattate ma celate, a lungo andare hanno reso instabile il prodotto del nostro sforzo lavorativo? Il BA è anche una figura ibrida, in grado di maneggiare con cura sia competenze tecniche (necessarie per saper tradurre i need in requirement) sia competenze umanistiche (la capacità di ascolto, il sapersi mettere nei panni degli altri, la comunicazione efficace, ecc.), capace di muoversi su più piani e di tenere insieme persone e ruoli differenti tra loro con armonia e integrazione. 

La Business Analysis è una vera e propria disciplina, con le sue tecniche e il suo bagaglio esperienziale, le sue certificazioni (su tutte IIBA-CPAB® e PMI-PBA®) e la sua community. Spesso poco considerata, soprattutto in ambienti aziendali medio-piccoli, rappresenta invece davvero quel quid in più che rende eccellente un’organizzazione rispetto a chi lavora improvvisando o operando solo sull’emergenza. Valore aggiunto imprescindibile per chi ambisce a mettere in piedi reali trasformazioni, la BA è senza dubbio una, se non la disciplina, che più di tutte sarà richiesta in progetti di Business Transformation negli anni a venire. Perciò… lunga vita alla Business Analysis!

 

Alessandro Melioli

[1] Fonte: Wikipedia

[2] Fonte: Wikipedia

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Decision Making

BUSINESS TRANSFORMATION JOURNEY
DECISION MAKING 

Siamo immersi in un’epoca di cambiamenti tecnologici radicali, profondi e incisivi che vanno a toccare non solo il modo di produrre e di fare business, ma altresì le nostre relazioni, la nostra cultura, la nostra società fino addirittura la nostra persona. Imparare a gestire questa incertezza crescente, vedendo in essa un valore propositivo e non un mero impiccio alle nostre pianificazioni, è fondamentale per adattarsi in maniera saggia e sensata all’incedere dei tempi. D’altro canto tale trasformazione non va accolta con un ottimismo ingenuo, ritenendola neutrale e priva di reali conseguenze sulla nostra vita. Bisogna saperla governare. Per tale motivo, in ambito business, si parla proprio di Business Transformation, ossia di quell’arte composta da innumerevoli strumenti e discipline per gestire al meglio il cambiamento affinché la trasformazione sia positiva e generativa di valore per le nostre organizzazioni e le nostre persone.

Ogni reale trasformazione implica a monte delle scelte consapevoli, ossia delle decisioni prese generalmente dal top management in grado di orientare il flusso degli eventi nella direzione auspicata e desiderata per il bene dell’azienda. E per fare scelte consapevoli è richiesto un addestramento, un sapersi muovere in un contesto sempre più VUCA (Volatility, Uncertainty, Complexity, Ambiguity) in senso sempre più raffinato e competente, grazie anche a ciò che quel mondo – che si definisce Decision Making, ossia l’arte di prendere decisioni – ha da insegnarci. Partendo da una definizione standard, possiamo vedere il Decision Making come «the cognitive process resulting in the selection of a belief or a course of action among several alternative possibilities. Decision-making is the process of identifying and choosing alternatives based on the valuespreferences and beliefs of the decision-maker. Every decision-making process produces a final choice, which may or may not prompt action» [1].

In primis, per saper prendere decisioni positive e benefiche, occorrono due aspetti decisivi: l’esperienza e la competenza. Nessuna persona con poca esperienza è in grado di scegliere in vista del bene perché banalmente non ha vissuto che cosa è bene e che cosa è male. Non a caso, nelle posizioni apicali delle grandi organizzazioni, risiedono i senior manager, ossia coloro che con tanti anni di esperienza alle spalle sono in grado di offrire un orientamento. D’altro canto l’esperienza non basta, ma servono anche intelligenza, preparazione, competenza, professionalità, al punto in cui, generalmente, nelle posizioni di vertice si scelgono i più preparati accanto ai più esperti. Questa virtù di saper prendere le decisioni opportune si chiama saggezza, intesa come «disposizione pratica, accompagnata da ragione verace, intorno a ciò che è bene e ciò che è male» [2]. La saggezza ha un fine etico, ossia è indirizzata verso ciò che è bene. E di saggezza ne serve eccome in azienda per non fare scelte scriteriate, ma per condurre l’organizzazione verso lidi floridi! Quando si pensa alla saggezza, la prima immagine che ci viene in mente è un uomo anziano con la lunga barba bianca e una tranquillità d’animo fuori dal comune. Certamente la saggezza richiede tempo, come abbiamo visto poco sopra. Però, accanto alla maestra vita, è necessario sviluppare la competenza necessaria per sapere prendere decisioni, in quanto la saggezza si può e si deve allenare, attraverso numerosi strumenti e piccoli esercizi che, fatti con costanza, ci portano a ragionare in maniera verace, per dirla con Aristotele. Qui ne elenchiamo giusto tre per introdurre la questione.

Hick’s Law. «Il tempo che si impiega a prendere una decisione aumenta in maniera esponenziale in relazione all’aumentare delle opzioni di scelta che si hanno». Il tempo che impieghiamo per una scelta è direttamente proporzionale alle opzioni a disposizione. Molto banalmente, la Legge di Hick ci insegna che per prendere decisioni in breve tempo bisogna fare, per prima cosa, una cernita delle stesse o individuare i passaggi di ciascuna opzione e optare per quella che ne ha meno, a parità di valore. Questo aiuta anche a ridurre ansia e stress che emergono di fronte alla varietà di opzioni, magari a fronte di un’urgenza decisionale, interrompendo la stasi provocata dalle numerose variabili e aiutandoci a procedere spediti nel cammino.

Il metodo Hoop di Gabriele Oettingen. Questo è un metodo che ci aiuta a compiere scelte attraverso la definizione di step graduali, dal desiderio alla realizzazione. Primo step: formulazione del desiderio. Secondo step: analizzare l’outcome. Terzo step: identificare gli ostacoli. Quarto step: il piano di realizzazione. Partendo dal risultato finale che vogliamo ottenere e non dal problema che vogliamo risolvere, disegnando gli step per conseguirlo, possiamo ribaltare la situazione di blocco e avviare una reale trasformazione.

Matrice di Eisenhower. Si tratta di un metodo classico per capire la priorità da dare a ciascuna decisione da prendere. Una matrice, divisa in quattro quadranti, in cui apporre le decisioni da prendere e dividerle tra quelle da “fare”, da “pianificare”, da “eliminare”, da “delegare”. Un metodo semplice e veloce che ci aiuta a focalizzare meglio ciò che conta davvero.

Numerosi sono gli strumenti che possono venirci in aiuto per supportare le nostre scelte, eppure in ogni decisione permane un elemento di incertezza e di imprevedibilità che non possiamo eludere. Sta a noi cercare di limare il più possibile questo fattore, da veri risk manager, e di interpretare con lucidità la situazione in cambiamento, da veri change manager. Importante però per prendere decisioni sensate e per allenare al meglio la propria saggezza è creare ambienti positivi in cui le scelte si fanno in gruppo, attraverso il dialogo, il confronto e la cooperazione, insieme agli stakeholder notevoli. In questo contesto si possono poi fare analisi accurate, magari da più punti di vista e grazie alla multidisciplinarietà del team, e generare opzioni che vanno poi verificate e messe alla prova da più persone. Una volta comprovate le opzioni, occorre procedere con la scelta definitiva: anche qui è compito del team giungere a una conclusione comune.

Prendere decisioni non è qualcosa di naturale. A livello di natura, infatti, noi generalmente reagiamo in maniera istintiva agli impulsi provenienti dal mondo esterno grazie a una serie di pattern di azioni che abbiamo introiettato a livello cerebrale grazie a millenni di evoluzione. Eppure nel mondo attuale, un mondo sempre più liquido, artificiale, umanizzato, non possiamo più affidarci ai meri istinti, ma occorre esercizio, pratica, allenamento per adattarsi al contesto mutato. La presa di decisioni è quindi una cultura, un bagaglio cognitivo a cui attingere per imparare a navigare nel caos della contemporaneità. Da sviluppare in solitaria, ma soprattutto insieme agli altri. Perché da soli si va più veloci, ma insieme si va più lontano. Anche nelle scelte.

 

 

Alessandro Melioli


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Risk Thinking

BUSINESS TRANSFORMATION JOURNEY
RISK THINKING

Ogni trasformazione, ogni transizione, ogni modifica allo stato delle cose è sinonimo di incertezza. Il cambiamento infatti si attiva solo nel momento in cui si lascia una situazione certa, ma che crea disagio, per dare seguito a un desiderio di novità che possa schiudere orizzonti inesplorati, in grado di risolvere quel disagio e fondare un nuovo equilibrio che genera potenzialmente fiducia, crescita, gioia, progresso, profitto. Ogni cambiamento, come sappiamo, si può attivare attraverso un progetto, che di fatto è sinonimo di cambiamento perché è il mezzo attraverso il quale noi possiamo cambiare il mondo, introdurre un elemento innovativo in grado di migliorare (si spera!) l’ambiente e il contesto in cui viviamo, così come la vita della nostra organizzazione. Ogni progetto ci porta da uno stato A attuale a uno stato B desiderato. E ogni project manager che si rispetti sa che deve organizzare il lavoro inerente al progetto per conseguire un’intenzione, pianificando e strutturando tutte quelle azioni necessarie per conseguire l’obiettivo. Ma un vero project manager sa anche che un conto è la pianificazione, un conto è il reale risultato conseguito. Nel corso del progetto possono esserci modifiche, cambiamenti non preventivati, imprevisti, nuovi desideri, ecc., ragion per cui portare a termine un progetto spesso significa navigare nel mare della complessità, cercando di generare un valore che magari si discosta dal piano, ma che va comunque a intercettare il desiderio iniziale. E per fare questo sa che deve servirsi degli strumenti messi a disposizione dalla Business Transformation per imparare a gestire le incertezze, senza lasciarsi travolgere dalle stesse, ma sfruttandole come occasioni. Per questo, per introdurre un cambiamento attraverso un progetto bisogna sapere essere anche dei grandi risk manager.

Il rischio è definito come “incertezza che impatta”, uncertainty that matters. Ossia è un evento che ha una probabilità di accadere e che può sconvolgere il nostro progetto, quindi le nostre intenzioni di cambiamento. Banalmente possiamo pensare alla nostra intenzione di farci una gita in montagna il prossimo weekend per distrarci dalle fatiche quotidiane, per stare all’aria aperta, per fare movimento e rilassarsi. Se non controlliamo, tuttavia, alcuni elementi perturbatori per il nostro progetto, come magari il meteo, lo stato della nostra attrezzatura da montagna, il nostro stato fisico, ecc., rischiamo – appunto – che questi eventi impattino sulla buona riuscita dell’escursione, causando ulteriore stress, disagio e fatiche rispetto alle intenzioni che ci avevano mosso a intraprendere questa gita. Per tale motivo il rischio va trattato con precisione, pena il fallimento della nostra impresa. Dalla buona riuscita della gestione del rischio ne va anche la qualità del progetto stesso. Se prima della gita in montagna mi impegno per controllare il meteo e portare con me il necessario per far fronte agli imprevisti climatici, mi sincero delle condizioni delle attrezzature, correndo ai ripari se qualcosa non funziona, mi rendo conto di essere allenato e in forma per sostenere lo sforzo preventivato, starò pur certo che la gita si rivelerà una gita di qualità. Quindi un successo.

Non è facile gestire i rischi, in primis perché rappresentano quegli elementi perturbatori che potrebbero andare a inficiare i nostri desideri; in quanto esseri umani, facciamo fatica naturalmente a concentrarci su ciò che potrebbe limitare la nostra spinta espansiva. Chi di noi è così interessato a capire cosa potrebbe andare storto nel bel mezzo di un progetto che abbiamo voluto e che ci vogliamo godere? È più facile stare nella piacevolezza della sensazione presente, staccando il cervello, piuttosto che concentrarsi su che cosa può andare storto quando tutto è ok. Per questo la gestione dei rischi richiede soprattutto esercizio, cultura, saggezza e la grande capacità da allenare di individuare i pericoli. I rischi infatti sono le spine nei fianchi del progetto, in particolare quando questi si verificano. E per gestire al meglio i rischi – che non sono i pericoli, in quanto questi rappresentano gli oggetti del rischio, che di per sé è un evento con una probabilità e un impatto – ci sono tanti strumenti e tanti modi tratti dal mondo delle imprese, nello specifico tratti da quelle che si occupano di qualità.

RISCHIO.jpg

Senza entrare troppo nel dettaglio, possiamo dire che prima di tutto, per gestire i rischi, occorre riconoscere i pericoli e comprendere quali rischi portano con sé. Ossia individuarli. Già di per sé questa è un’operazione importante: essere consapevoli di ciò che può andare storto è il primo passo per non commettere errori. Una volta identificati e segnalati i pericoli, occorre trattarli a livello qualitativo e quantitativo. A livello qualitativo, lo strumento per eccellenza per gestire i rischi è la matrice PxI (Probabilità x Impatto), nella quale a ogni rischio identificato è assegnato un valore, frutto del prodotto tra la probabilità (stimata) e l’impatto (stimato), e inserito all’interno di una griglia, a partire dalla quale si può comprendere visivamente ciò che è maggiormente rischioso. Lo step successivo riguarda invece l’analisi quantitativa, ossia l’analisi di ogni rischio basata su dati, numeri e informazioni in senso statistico-matematico. Una volta chiarificato lo scenario generale intorno ai rischi del nostro progetto, occorre pianificare le risposte per mitigare gli effetti o ridurre la probabilità dell’evento rischioso, attraverso contro-misure per ciascun rischio che vanno dall’accettazione, al trasferimento della portata dell’impatto, fino all’evitamento e alla riduzione.

Le incertezze fanno parte della vita e sono decisive per la buona riuscita di ogni trasformazione, a maggior ragione se ad alto tasso di complessità. Sta a noi decidere se affrontarle con competenza, trasformando i rischi in opportunità e stimolando il nostro risk appetite, oppure se fermarci sul più bello, optando per la sicurezza rispetto al successo, o peggio ancora non farci caso e dover poi risolvere problemi che richiedono un investimento ben maggiore rispetto alla mera analisi dei rischi. E non serve essere risk manager per saperlo. Già le nonne ce lo dicevano: meglio prevenire che curare!

 

Alessandro Melioli


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